La Toscana è diventata zona rossa. Non è quel colore dei comunardi che nel 1871 liberarono Parigi dalla dispotica classe dirigente. È il colore che quella classe dirigente continua a usare sfruttando i propri privilegi per imporre le leggi che altrimenti non sarebbero condivise dal popolo.
La retorica della guerra adottata fin dal primo lockdown corrisponde esattamente a ciò che succede in ogni dannata guerra: i generali scelgono quali pedine sacrificare (i pensionati, i giovani o i senza fissa dimora) elaborando complesse analisi pur di mascherare i palesi fallimenti loro e del sistema che rappresentano.
Mentre viene additato come antgonista di questa storia un microorganismo che non pensa e non giudica, si continua a tacere sul contesto in cui questo virus ha avuto origine: un decadente capitalismo globalizzato e estrattivista. Proprio lo stesso sistema che i nostri generali continuano a difendere.
Se al primo lockdown ci hanno chiesto di fare compromessi e sacrifici per sconfiggere quel virus, ora l’unico obiettivo sembra tirare a campare, mantenere i propri privilegi, salvaguardare sprazzi di normalità per scongiurare un ripensamento di come la società è organizzata. Noi siamo disposti a cambiare, a farla finita con una società che ci nega la sicurezza di un lavoro, del cibo e un’abitazione e mira solo a far crescere i profitti. Noi siamo pronti ad abbandonare l’idea di tornare alla normalità, per costruire un mondo in cui il benessere psicofisica torni davvero al centro dei nostri sforzi.
Abbiamo il sospetto che i nostri generali stiano però combattendo dalla parte sbagliata della barricata. E non moriremo per loro. Non servirà cambiare un ministro o un governo, dovremo emanciparci dalla logica del profitto e dai suoi apparati istituzionali, riprendendoci il nostro colore.