[18/3/2020] In ricordo di Vakhtang Enukidze

Oggi, oltre Orso, vogliamo ricordare anche Vakhtang Enukidze, a due mesi dalla sua morte nel CPR di Gradisca.
Vakhtang è stato ammazzato il 18 gennaio 2020, morto dopo essere stato ripetutamente pestato dalle guardie, dopo aver chiesto aiuto «con la bava alla bocca» per più di un giorno, senza essere soccorso.
Vakhtang aveva 38 anni ed era in attesa di essere deportato in Georgia. È stato ammazzato a solo un mese dalla ri-apertura del CPR di Gradisca. Noi non dimentichiamo! Chiediamo giustizia per la sua morte e la chiusura di tutti i CPR.
I CPR sono luoghi di morte, lo sono sempre, ogni giorno, anche quando nessuno muore. Sono lager di Stato che rinchiudono persone che non hanno commesso alcun reato, “colpevoli” di non avere un pezzo di carta. Sono luoghi in cui la violenza è all’ordine del giorno, dove le persone vengono trattate al pari di animali, solo perché non sono nate in questo Paese. Sono luoghi dove le persone arrivano a tagliarsi, a ingoiare lamette, a ferirsi in ogni modo pur di non restare rinchiusi lì, arrivando fino a supplicare di essere rimpatriati.
È quello che è successo la scorsa settimana sempre nel CPR di Gradisca: a causa dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus un giovane ragazzo marocchino si è tagliato tutto il corpo, chiedendo di essere rilasciato o deportato piuttosto che trattenuto nel Cpr; il giudice, invece, ha stabilito per lui un ulteriore mese di permanenza.
In questo momento i reclusi hanno paura del Coronavirus. Raccontano di condizioni igieniche pessime: le stanze semi-fatiscenti non sono riscaldate; le lenzuola non vengono mai cambiate; un’impresa di pulizia viene a ritirare la spazzatura circa ogni due settimane, ma le pulizie non vengono fatte se non dai reclusi. Nella situazione emergenziale che si sta vivendo in questo momento, a quanto ci raccontano, nel CPR di Gradisca, stanno continuando a entrare persone nuove senza che a nessuno sia stato fatto un tampone o alcun esame.
A fronte del dichiarato stato di pandemia l’unica soluzione è quella di pretendere la chiusura di questa prigione etnica. Il garante nazionale ha chiesto alla Ministra dell’Interno la cessazione anticipata del trattenimento in Cpr di coloro che, non potendo essere rimpatriati perché i loro Paesi d’origine hanno bloccato i voli in arrivo dall’Italia, sono “illecitamente trattenuti” ai sensi della stessa Direttiva rimpatri del 2008.
Oggi più che mai chiediamo che questi lager di Stato vengano chiusi. Per Vakhtang, e per tutti coloro che sono rinchiusi nei CPR.
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