Stamani la questura ha notificato a un nostro compagno un avviso orale: si tratta di una misura paternalista e intimidatoria che vorrebbe scoraggiare la partecipazione alle lotte che il nostro quartiere porta avanti.
Sono misure che usano a pretesto la manifestazione del 30 ottobre scorso, durante il quale centinaia di giovani protestavano contro la gestione della pandemia e della crisi imposta dalle istituzioni.
L’avviso orale è solo l’ultimo dei maldestri tentativi che la questura ha messo in gioco dopo quei fatti: avevano già provato a comminare arresti domiciliari e sorveglianza speciale, misure poi rigettare dai giudici.
L’accanimento della questura si può spiegare solo con il conflitto latente che permane questa società. Lo avvertiamo tutti i giorni, nelle famiglie che si rivolgono a noi per i pacchi alimentari, negli operai che vengono licenziati, nelle aggressioni omotransfobiche, nel futuro di precarietà e collasso climatico che ogni giorno ci prospettano. Lo avvertiamo sulla nostra pelle, senza che nessun avviso orale aggiunga niente a quel che già è sul piatto.
E sappiamo da che parte stare. Qualunque legge provino a usare contro di noi, qualunque nome provino a dare alla rabbia che si organizza contro questo sistema, noi sappiamo che questa rabbia è giusta, e non si fermerà finché le contraddizioni su cui si fonda questo sistema non saranno risolte: basta precarietà, basta sfruttamento, basta discriminazioni.
Basta repressione contro chi alza la testa.