In questi giorni la questura di Firenze sta notificando nuove denunce per corteo non autorizzato e blocco del traffico. L’accusa è quella di essersi riunitə in piazza per fare informazione e solidarietà sulla protesta anti-lockdown del 30 ottobre dello scorso anno.
Il tentativo di reprimere penalmente compagnə perché in piena pandemia giudiziaria mantengono la testa alta e il sorriso sulle labbra sembra surreale, ma contemporaneamente il governo sospende il diritto di manifestare nelle zone in cui i ricchi vogliono fare shopping natalizio, e ogni forma di dissenso viene repressa, come recentemente successo per chi manifestava al No Draghi Day di Milano – cui va tutta la nostra solidarietà. E allora la tornata repressiva merita alcune considerazioni.
1) Lo scontro su come si gestisce la pandemia va ben oltre il dibattito scientifico sull’efficacia del vaccino o del Green Pass. Difficilmente il covid-19 sarà l’ultima pandemia che affronteremo. La ricerca medica contro le malattie deve restare in mano ai privati? La devastazione ambientale contribuisce a creare ed aggravare le pandemie? Le condotte individuali devono essere anteposte al benessere della comunità? E queste norme sono stabilite dal basso o dalle autorità? Chi non vuole vedere le contraddizioni che lacerano la nostra società rinuncia ad esprimersi su questioni fondamentali.
2) La presenza di una controinformazione che parte dai quartieri e non dagli spin-doctor dei potenti fa paura. Perché si permette di denunciare il despotismo della classe dirigente e chiede un cambio di paradigma: messaggi che nella loro semplicità sono perfettamente comprensibili alle persone comuni, mentre nessuna istituzione è più in grado di intercettare e rimodellare questa critica. Il capitalismo si regge sul mantra che non ci sono alternative. Quindi non devono esserci voci alternative.
3) Si è ormai perso ogni criterio di proporzionalità fra infrazione della legge e pene richieste dalla questura. Con l’infame contributo dei decreti sicurezza Salvini interrompere il traffico comporta pene che non vengono comminate neanche a chi stupra o toglie la vita. Tutti i sofismi sulla giustizia hanno lasciato spazio a un clima di guerra sregolata, in cui al nemico – il popolo che non obbedisce alle gerarchie – si auspica ogni male. Questo livore non può che ritorcersi contro i seminatori di vento.
4) La strategia della questura prova a individuare e isolare gli elementi “pericolosi”. Forse non ha capito che l’insofferenza verso i soprusi quotidiani e la sfiducia che questo sistema possa garantire pace, salute e giustizia sono endemici. In questa fase di crisi, il malcontento causa un impulso alla ribellione che non è prodotta da militanti anticapitalistə, ma dal sistema capitalista stesso: nessuna catena può fermare questa ribellione tanto quanto non può fermare la marea o la tempesta. Forse invece, più realisticamente, la questura ha capito la situazione ma non ha alternative.
5) La solidarietà è un’arma. E’ un arma che ancora dobbiamo imparare a usare con precisione e generosità. E’ un’arma che chi ha scelto di vendere il suo senso critico per un salario e un’encomio dei giornali non può comprendere. E’ un’arma che porta dentro di sé i principi del mondo che vogliamo costruire domani, e che già oggi lottando spalla a spalla possiamo usare per liberarci dall’isolamento che vorrebbero imporre a ciascunə di noi.