[11/4/20] Dibattito live sulla situazione nei CPR nell’emergenza Covid-19

Secondo il comunicato del 24 marzo del Garante nazionale delle persone private della libertà, 381 persone, 33 donne e 348 uomini, sono ancora recluse in Italia all’interno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Così come nelle carceri, nessun provvedimento è stato attuato per evitare che il contagio da Covid-19 si diffonda all’interno delle celle in cui le/i recluse/i vivono in scarsissime condizioni igieniche, dove le/i migranti spesso mangiano sui letti e fanno i bisogni nello stesso luogo dove vivono e dormono.
Da settimane ormai, le deportazioni si sono fermate a causa della chiusura delle frontiere e del blocco dei voli di rimpatrio. Eppure le persone rinchiuse sono ancora trattenute all’interno di questi lager di Stato, nonostante sia stabilito per legge che per decorrenza dei termini dovranno essere rilasciate. Trattenerle oltre che pericoloso è assolutamente insensato! Sappiamo di persone al quinto mese di reclusione a cui è stato riconfermato lo stato di permanenza all’interno del CPR, nonostante sia ormai evidente che l’emergenza coronavirus non si risolverà entro il prossimo mese e che quindi queste persone usciranno alla fine del sesto mese di reclusione, limite massimo di permanenza nel CPR stabilito per legge. Solo 44 persone sono state rilasciate tra il 12 e 24 marzo. Perché le autorità aspettano ancora a liberare tutte le persone recluse?!
Le/i recluse/i vivono momenti di terrore.
A Gradisca, il 23 marzo i reclusi hanno intrapreso uno sciopero della fame durato alcuni giorni, con le seguenti motivazioni:
1. Il cibo avariato che provoca problemi intestinali ai reclusi;
2. Le scarsissime condizioni igieniche del CPR, l’impossibilità di ottenere prodotti per l’igiene personale, vestiti e lenzuola pulite;
3. La paura per la diffusione del Coronavirus, all’interno del CPR, dove fino a 5 giorni fa venivano internate persone nuove, nonostante si fosse raggiunto il limite di capienza.
4. La volontà di poter uscire e tornare a vivere in sicurezza nelle proprie case.
Il 25 marzo la sindaca di Gradisca d’Isonzo ha dichiarato che una persona, proveniente dalla Lombardia, è stata rinchiusa il 19 marzo nel CPR di Gradisca, ed è risultata positiva al covid-19, quindi messa in isolamento. A seguito del suo trasporto a Cattinara la stanza dove si trovava è stata ripulita, vi hanno rinchiuso altri detenuti. Il fatto è stato tenuto nascosto per diversi giorni. Sentendosi disperati e ignorati, il 29 i reclusi hanno cominciato delle proteste bruciando alcuni materassi.
Nel CPR di corso Brunelleschi a Torino la situazione è altrettanto grave. Da anni la struttura è in gran parte inagibile e più volte sono state presentate denunce per violazioni dei diritti umani. Amnesty International Piemonte e Valle d’Aosta hanno lanciato l’allarme per il rischio che il CPR diventi un focolaio di coronavirus: “Non vi sono aree preposte all’isolamento, ma solo zone di promiscuità.” Inoltre, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha denunciato l’inaccettabilità del sequestro dei telefoni dei reclusi. Mentre al carcere di Torino sono arrivati 100 telefoni per permettere ai detenuti di comunicare con l’esterno, dentro al CPR i telefonini restano inspiegabilmente sequestrati.
Non lasciamo che cali il silenzio su queste tragiche violazioni dei diritti umani!
Ne parliamo in videodiretta con:
-le compagne e i compagni di No Cpr No Frontiere – FVG
-Alda Re di Prinz Eugen – Torino, collaboratrice di LasciateCIEntrare
-Yasmine Accardo di LasciateCIEntrare
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